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Bisogna saper perdere, non sempre si può vincere, e allora cosa vuoi…

(Scritto proposto ed ideato da © Pot-Pourri)


Ti ricordi questa canzone degli anni ’60 del gruppo “The Rokes”? Il ritornello, nella sua semplicità e leggerezza, esprime una profonda verità. Infatti, in certe situazioni pesanti e complicate, dalle quali non sai come uscirne, il perdere iniziale diventerà il vincere finale. Il voler vincere subito ed a tutti i costi, spesso ti provoca una grande rabbia, un grande senso di ingiustizia e scatta in te il desiderio di farti giustizia contro i torti subiti, contro quella persona che ti ha tolto qualcosa (il suo amore per te, la sua amicizia, i soldi, il lavoro), oppure non ti ha mai davvero dato quello che tu volevi e ti aspettavi (il suo amore per te, la sua amicizia, i soldi, il lavoro). La rabbia può manifestarsi anche per un evento che ti è successo, un lutto ad esempio, che tu non riesci o non vuoi accettare.

Quando ti arrabbi, il tuo sistema nervoso rilascia delle sostanze che possono provocare un significativo disturbo, sia psicologico che fisico, afferente alla dimensione psiche-soma che, a lungo andare, può provocare delle malattie (tipo ansia, gastrite, etc.). Il sistema nervoso non distingue se tu hai torto o ragione, ma sente solo il disturbo e si comporta di conseguenza. A questo punto, quindi, se tu vuoi stare bene devi semplicemente chiederti: «Voglio essere felice o voglio avere ragione?». Se scegli di avere ragione, allora sarai spesso arrabbiato, suscettibile ed anche angosciato e, probabilmente, entrerai in un loop mentale di pensieri ripetitivi ed ossessivi: magari potrai arrivare anche alla vendetta, andare dagli avvocati per intentare una causa che però, ricorda, potresti anche perdere.


Se, invece, scegli di essere felice, devi riuscire a distaccarti dall’idea “di come sarebbe dovuto essere” (passato), ma anche “di come sarebbe potuto essere” (futuro). Ma come riuscire a raggiungere questo obiettivo emotivo? Certo, non sembra per niente facile: proprio per questo esistono persone competenti, tipo psicologi o psicoterapeuti, che ti possono aiutare e supportare in questo processo di cambiamento che presuppone il sostituire la rabbia e la vendetta con il perdono e la compassione. E’ un percorso che presuppone una modifica di determinati schemi mentali che, nell’ottica del benessere, appaiono disfunzionali e non utili per la nostra semplice felicità. Si tratta sostanzialmente di scegliere, in modo consapevole, la strada che si vuole perseguire per compensare un danno ricevuto: la spietata vendetta, oppure il perdono incondizionato.


Perdonare, molto spesso, risulta essere più un atto di intelligenza piuttosto che d’amore, rinnovando anche il famoso suggerimento evangelico di “porgere l’altra guancia”, per cui il perdonare non è un atto che fai perché “sei buono”, ma perché “vuoi stare meglio”! E la prima fase per poter perdonare, intesa come ristrutturazione di uno schema mentale che abbisogna anche di un supporto terapeutico, è di riuscire ad accettare l’evento o il comportamento avverso, lasciarlo andare piano piano e, alla fine, perdonare. Solo così si può crescere, progredire e cambiare, ricordando che mai si potrà raggiungere la perfezione che, in quanto tale, è solo una mera illusione.

Ma come fare per perseguire il perdono? Prima di tutto provando a cambiare i tuoi pensieri: quelli che fai verso te stesso e quelli verso il mondo, cercando di modificare il tuo personale dialogo interiore. Per fare questo, un percorso terapeutico può essere di fondamentale importanza, ricordando che i pensieri di paura, angoscia, rifiuto, di giudizio, sottomissione o opposizione producono sostanze tossiche per il nostro organismo, mentre i pensieri di accettazione, gratitudine e del lasciare andare, creano invece un certo benessere. I pensieri quindi si modificano e cambiano il dialogo interiore, ma come? Sicuramente non certo bloccandoli e qui, per meglio comprendere il concetto, ripropongo una vecchia frase esplicativa: «Non pensare ad un elefante rosa». Ma tu, sinceramente, cosa pensi e vedi nella tua mente? Probabilmente un elefante rosa.

Quindi bloccare i pensieri, uno, non ci si riesce e, due, non funziona: ecco che non resta che sostituirli un po’ alla volta. Ma come? Già detto dell’intervento guidato e mirato di una specifica terapia psicologica, questa trova rinforzo con specifiche tecniche che vanno dall’ipnosi alla mindfulness e che rallentano, detta in estrema sintesi, la frequenza delle onde cerebrali. Specifici esercizi prescritti aiutano a modificare determinate percezioni e possono aiutare a raggiungere un significativo beneficio rispetto al disagio ed al problema. Va però sempre evidenziato che tutto ciò è perseguibile, ma occorre tempo e costanza: un qualsiasi danno o trauma può realizzarsi in pochi secondi, ma la sua risoluzione, a volte, richiede percorsi lunghi e complessi. Per ora, puoi intanto cominciare a cantare sorridendo, “Bisogna saper perdere, non sempre si può vincere…”.

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Dott. Fabio Garzara


Dottore in Psicologia clinica e Psicoterapeuta
Iscr. Albo degli Psicologi del Veneto n. 10166

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